martedì 9 dicembre 2008

City Gallery Atto II° (Il più italiano tra i francesi)

Quella domenica alla City Gallery ho avuto più di una sorpresa. A partire da ‘Sara Dancing’ di cui ho parlato nell’Atto I° e finendo con lo studio di Francis Bacon, smontato a Londra e rimontato tale e quale qui a Dublino (e poi mia mamma dice che a casa nostra è un casino!). Nella City Gallery, in cui le sale sono piccole con le pareti colorate e certe divise per nazionalità, ho potuto vedere alcuni Edgard Degas, J-B. Camille Corot, Eduard Manet, Berthe Morisot (ricordate?), Pierre Aguste Renoir, si trovano anche alcuni italiani forse poco famosi in Italia. Ma ce n’è uno in particolare, che ovviamente già conoscevo, ma di cui c’è solo un’opera (che secondo me vale per dieci, non fosse altro per le dimensioni che in un’opera preferisco grandi!), ed è Giovanni Boldini (1842-1931) con la Ritratto di Lady Florence Phillips 1903 qui a finaco. Ora questo ritratto di questa elegante signora fa parte di tutta una serie di grandi ritratti di eleganti signore a cui Boldini si dedicò nel suo periodo francese dalla fine degli anni 90 dell’800 fino alla morte. Come diceva non mi ricordo chi (e ve l’ho già detta che questa dei nomi è una mia pecca) riguardo la pittura olandese: ‘bellissimi, peccato siano piccoli’; e io concordo pienamente, sia per quel rigurado l’arte olandese in particolare, sia per quanto rigurada la grandezza in generale di un’opera d’arte. Certo non è che tutti i quadri grandi sono bellissimi, e non è che tutti i quadri devono essere per forza grandi come la Zattera della Medusa o Guernica, ma se posso dire la mia per me vale un po’ il vecchio detto ‘altezza mezza bellezza’, in questo caso ‘grandezza’. Mi piaccioni i quadri in cui devi per forza muovere il collo e la testa per cogliere la maggior parte dei particolari, e poi ti metti distante, ti siedi e ne apprezzi l’insieme. Come un puzzle. Ritornando all’arte olandese che io prediligo quasi su tutto, essi sono sono appunto l’eccezione che fonda la regola in quanto stupefancente concentrato di magistrale tecnica. Ma arrivando al punto intorno alle eleganti signore del Boldini. Ovviamente in critica dell’arte più si studia e più si trovano pareri contrastanti, invece di trovare unità. Nel senso, va bene che nella critica ogni critico dice la sua, così io la mia, ma a volte pare così strano leggere sulle stesse opere della stessa persona dello stesso periodo critiche completamente opposte. Per esempio: in un libricino monografico su Boldini (A.Borgogelli), si esalta la sua ultima maniera, con le linee di movimento tracciate attorno per indicarne il movimento, che pare anticipare le linee dei futuristi (assolutissimamente d’accordo, perosonalmente lo preferisco ampiamente qui che nel periodo anni 70) : ‘Boldini come Bragaglia e Balla prefuturista contesta l’istantanea preferendo l’aura psicodinamica che avvolge le sue creature’. In poche parole quei segni col pennello lungo che delineano le traiettorie dei movimenti dei corpi o dei vestiti. ‘Nei suoi quadri, il gesto non è posa, è moto, cioè transizione, sì che, pur esprimendo quello che è, esso contiene ancora quello che è stato e già esprime ciò che vuoi divenire. Nessuno ha saputo far star sedute le persone come Boldini.’ (Cardona, Lo studio di Giovanni Boldini, 1937) Da qui arrivano le critiche negative: si obbietta che sono siano pretesti tecnici per un’esercitazione personale. Come ho letto in altri testi che lo abbassanno di tono proprio per questo suo essersi calato eccessivamente nella vita mondana e superficiale di Parigi, e questo nuovo modo non si riduceva ad altro che variazioni sul tema, un principio di ripetizione differente... Ma a questo punto dico: ma anche gli impressionisti mi pare perseguissero questa ‘ripetizione differente’. Sperimentavano gli stessi luoghi e soggetti in diversi fasi del giorno e delle stagioni... e con molta probabilità un covo di paglia alle 5 del pomeriggio d’inverno, con tutto il rispetto per monsieur Monet, è molto meno espressivo di un ritratto di donna alla stessa ora nella stessa stagione... Ma anche fosse? Si era calato nella vita mondana di Parigi? Tra l’altro non era mica l’unico, tipo Degas coi suoi interni, va bè dici lui era già francese, ma meglio ancora allora! Un’italiano a Parigi (il più italiano degli artistiti a Parigi) che cambia il suo stile precedente (altamente italiano, dato che derivava dai macchiaioli) e ‘inventa’ qualcosa di nuovo, ben venga! O no? Non capisco dove sia la critica negativa. Ma poi come fai a critcare uno che ha fatto ritratti così affascinanti?? Personalmente io ritengo che in questi ritratti di donne di Boldini si ritrovano quella eleganza ed spressione intima femminile delle precedenti dame del 400. Un salto di quasi 500 anni a piedi pari e portati benissimo. Tutte bellissime pensano qualcosa ma non rivelano niente; come la Belle Ferronierre del 1490 vi ricordate? Cosa stava pensando? Dove o chi guardava in quel modo? Se davvero era il suo prestigioso amante, certo non lo poteva dire, e men che mai poteva farsi ritrarre con lui, il buon senso del tempo non lo permetteva. Ma lei c’era, e il senso del decorum del tempo le permetteva e anzi le imponeva di essere bella. E se una è bella si può permettere di essere fortemente presente e fortemente allusiva direi; con quello sguardo diagonale dico-non-dico in quella compostissima posa affermava tutta la sua presenza e imponeva di soppiatto un certo rispetto. E lo stesso le donne di Boldini, sembrano così perse nella loro vanità ‘... sono nature flessuose e disinibite che mostrano senza reticenza un modello di bellezza erudito e, spogliandosi, affermano la loro autodeterminazione di individui maturi e emancipati, pienamente consapevoli della propria femminilità.’ ... vanità che non era concessa 500 anni prima, ma sul ‘pienamente consapevoli della propria femminilità e affermazione’ ci metterei la mano sul fuoco! E di riflesso la mia preferita qui a lato ‘Ritratto della Contessa Luisa Casati con levriero’ 1908.

domenica 26 ottobre 2008

A denti stretti

Quando in un libro vedo un errore di stampa, penso sempre che qualcosa di nuovo sia stato inventato. (Goethe)

Per trent'anni, sotto i Borgia, gli italiani hanno avuto guerre, terrore, spargimento di sangue e morte, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. Gli svizzeri hanno avuto cinquecento anni di democrazia e di pace e cosa hanno prodotto? L'orologio a cucù! (Orson Welles)

Il filosofo scrive cose che non capisci, poi ti fa credere che è colpa tua. (Boris Makaresko)

Ci sono certi scrittori che riescono ad esprimere in venti pagine cose per cui talvolta mi ci vogliono addirittura due righe. (Kraus)

Io non sono un bravo pittore. Sono troppo intelligente per essere un bravo pittore. I bravi pittori sono stupidi, ad eccezione di Velàzquez che era un genio (Salvator Dalì)

La cosa che sente più stupidaggini al mondo è molto probabilmente un quadro di museo.
(Edmond De Goncourt)




sabato 6 settembre 2008

Premessa a posteriori

Volevo fare una breve introduzione a posteriori, qual’ora qualcuno si fosse domandato come mai in questo blog ci sia una sezione dedicata ai film. Ebbene, essendo che il cinema è considerata la settima arte, ed essendo che noi qui trattiamo di Arte Visiva in generale, ed essendo che non mancano film sulla vita e opere di artisti, mi sono comunque sentita in dovere di includere tali opere in questa ‘rubrica’ . Per chi non lo sapesse esistono diversi tipi di film che trattano di arte. Se usiamo la parola ‘film’ nel senso generale del termine cioè 'pellicola' abbiamo i film documentario, i critofilm, i film sulla vita dei pittori, e i film che trattano o si riferiscono a tale periodo artistico ecc ecc. Ma ci sono anche altri motivi per cui ho voluto introdurre quest’angolo sui film, motivi molto meno tecnici e molto più personali. Ci fu un tempo in cui al cinema ci andavo spesso, molto spesso, anni in cui ci andavo almeno una volta a settimana se non due, e mi sorbivo la qualsiasi cosa votata a maggioranza dal resto della compagnia; la quale compagnia del tempo però si può dire non avesse gusti in particolare, quindi potete immaginare si spaziava da Alien a Shall we dance?, da Guerre Stellari a About a boy, da Woody Allen a Dogwille, da Shrek a The Passion... e chi più ne ha più ne metta, il tutto esclusivamente dipendente solo dall’ora in cui il film veniva proiettato quella sera e se c’erano posti rimasti. E qui si capisce perchè la provincia di Verona sia tra le provincie con i più alti incassi nei cinema. Non dico altro. Io personalmente, di andare al cinema così, anche avendo lo sconto che di questi tempi è diventato vitale, mi sono sempre rotta, e chi mi conosce lo sa benissimo. Ogni tanto ho anche cercato di proporre qualche rara pellicola che piacesse a me, ma ero sempre in minoranza e quindi quella volta che davvero non ci volevo rinunciare ci andavo solo col mio ragazzo del tempo, costretto tra l’altro, senza il resto della combriccola, o con qualcuno che sapevo avrebbe apprezzato. I film che ho visto solo in due, cioè con qualcuno appositamente richiesto in comunione d’intendi, sono stati proprio pochi, per esempio ‘Il Fantastico mondo di Amelie’ , ‘Le particelle elemenatri’ e ‘In memoria di me’ per citarne un paio... Anche a vedere ‘La Ragazza con l’Orecchino di Perla’ e ‘I colori dell’anima’ eravamo in due... ma non in comunione d’intenti! Va bè comunque. Dicevo: ne ho visti tanti e molti, a dispetto di tutti i miliari spesi per realizzarli, per me non valevano i 7 euro ( o 4 scontati) del biglietto se partiamo dal fatto che più mi bombardano di pubblicità e più mi rifiuto di vederli. Dei film più interessanti avrò visto il trailer due volte, e di solito erano quelli che nei vari multisala non c’erano, e dovevo andare a cercarli in quei cinema dei quartieri e che li tengono sì e no una settimana. Poi quando, o da quando, sono andata a vivere all’estero il mio rapporto col cinema è cambiato ancora. Ovviamente perchè là i film sono in lingua originale. All’inizio quelle volte che andavo e venivo, che non abitavo ancora là, quando il mio ragazzo proponeva ero sempre restia ad andare al cinema perchè il mio livello di inglese non era eccellente e pensavo che mi sarei dovuta concentrare per due ore a tradurre tutto in tempo reale e avrei fatto una fatica bestia e non mi sarei goduta il film e avrei sicuramente desistito dopo 15minuti e avrei finto per annoiarmi per le restanti 1ora e mezza. Allora com’è andata: all’inizio guardavamo il film a casa on line con i sottotitoli in italiano, ma a parte che non tutti li hanno era molto più un casino cercare di capire l’inglese e poi leggere alla velocità della luce in italiano, allora poi sono passata ai sottotitoli in inglese e devo dire che mi sono trovata meglio. Dopodichè abbiamo iniziato a guardare un serial di quelli comici, uno che in Irlanda è famosissimo e divertentissimo Father Ted (lui è quello a destra del gruppo, affiancato dall’anziano padre consumato dal servizio e da altre cose meno cattoliche, spalla a spalla col giovane padre inesperto, il tutto sotto la supervisione dell’immancabile perpetua della casa) , solo che era vero accento irish ma alla fine coi sottotitoli si capiva benissimo... e finalmente con Father Ted, anche se non si tratta di colossal, riuscivo a godermi una puntata e farmi quattro risate! Alchè dopo tutto questo training quando mi sono trasferita là mi sono sentita sicura di andare a vedere un intero film in inglese al cinema... pagando! E devo dire che in effetti sarebbe sempre meglio vederli in lingua originale, quando è inglese, se la padronanza è buona, certo se è in cantonese stretto magari no... Però devo dire che Il ‘Diavolo Veste Prada’ mi ripropongo di vederlo in italiano, esclusivamente per rubare qualche super battuta a Glen Close in tutto il suo superiore charme! A fine della saga del mio difficile rapporto col cinema, che non so a quanto vipossa interessare, mi pare anche inutile fare l’elenco dei generi che mi piacciono o no, lo capirete dalle varie recenzioni, anche se mi sforzerò di essere obbiettiva! Voglio solo dire che preferisco i film che abbiano una storia vera, o quanto meno probabile. Per quanto riguarda i gialli, gli horror e fantascienza, diciamo che non me li vado a cercare ecco, anche perchè di solito film così non è che si possano proprio definire artistici. Ecco, questo è quanto. Buona lettura.

martedì 2 settembre 2008

La Ragazza con l'Orecchino di Perla

Oggi parliamo (o meglio mi voglio dilungare), a 5 anni di distanza, o se volete a più di 3 secoli, del pittore olandese Jan Vermeer e del suo famoso ritratto ‘Ragazza con orecchino di perla’ (o ‘Ragazza col turbate’ 1665). Nel 2003 è stato tratto un film che narra la storia di tale ragazza ritratta, film tratto a sua volta dall’omonimo romanzo di Tracy Chevalier. Quindi, per chi non avesse chiaro il procedimento si ha nell’ordine: Jan Vermeer vero pittore esistito 3 secoli fa, dipinto della ragazza, sempre 3 secoli fa, romanzo della Chevalier, 2003, 3 secoli dopo, film stesso anno. Mi sento di parlare e/o criticare questo film per diversi motivi. E’ andata così: partendo dal fatto che i pittori olandesi sono qualcosa di assolutamente stupefacente per la mente e per lo sguardo, e Vermeer resta uno dei miei preferiti su tutti, quando ho dovuto affrontare l’esame di Lingua e letteratura inglese all’università, e ho visto nell’elenco tra i testi a scelta quel romanzo, cogliendo due piccioni con una fava l’ho subito scelto. Dopo di che, siccome a quel tempo un intero libro da leggere in inglese era un po’ troppo per il mio livello, astuta come una faina l’ho comparto anche in italiano, così per poter confrontare la traduzione e capirlo meglio; cosìche quando è uscito nelle sale il film non potevo perdermelo (ps.: ma quell’anno ho visto un saaaacco di film che potevo anche perdermi!... va bè). Entriamo nel vivo della mia critica. Il film, è stato candidato l’anno dopo agli Oscar con tre categorie: miglior regia, fotografia e costumi. Sapete quanti/quali ne ha vinti? Neanche uno, nessuno. E qui ci chiediamo chi erano gli altri candidati e di conseguenza i vincitori. Siccome l’elenco si dilungherebbe troppo, stringo dicendo per chi non lo sappia i candidati per ogni categoria sono 5. Cominciamo: per la miglior regia ha vinto Il Signore delgli Anelli, per la miglior fotografia ha vinto Master and Commander, e per miglior costumi sempre Il Signore degli Anelli. ...attimo di riflessione... Ecco, se avete visto tutti e tre questi film, come me, o anche solo i due premiati, spero che converrete con me che è stato uno scandalo! ....Ma dico... ma Il Signore degli Anelli??!!! Ma ci rendiamo conto? Film che io sono andata a vedere a Bologna (il primo) al Future Film Festival solo perchè il mio amico invasato del genere aveva avuto due biglietti omaggio ad UN EURO e perchè quel pomeriggio io non avemo davvero altro da fare (Il secondo l’ho visto in dvd costretta dal resto della compagnia, e il terzo l’ho saltato a piedi pari). Il Signore degli Anelli miglior regia??? Miglior costumi?? E miglior fotografia Master and Commander??? A mio modesto parere di critica, sarò all’antica ma dico: la regia nel Signori degli Anelli, quale regia? All’80% è computer e non dite che non è vero; i costumi sono tutti inventati perchè trattasi di tempo e luogo inventati, e in fine miglior fotografia Master and Commander... quale fotografia scusa? Con tutta quella nebbia!!... Eh’! io dico che c’è stato un boicottaggio come al solito guidato dagli incassi, nel primo caso, e da Russel Crow attore del momento. La moda del momento era il fantasy (come poi per Harry Potter, che poi anche qui potrei aprire una parentesi quadra dicendo che mi pare che siamo arrivati al punto in cui si concede agli adulti di restare ragazzini con questa odiosissima sindrome di Peter Pan e continuare a leggere i fumetti, e i figli nel caso li avessero avuti invece si snocciolano le saghe più improbabili di 10 tomi ciascina come Signore degli Anelli, Harry Potter, Narnia... tra un po’ leggeranno pure l’Istitutio Oratoria di Quintiliano in tutti i suoi 12 libri se qualcuno gliene fa un film poi!) le mode incassano, i registi producono, i film vendono, i film vincono. Quando invece io direi che La Ragazza dall’Orecchino di Perla almeno uno tra miglior fotografia o costumi lo meritava ampiamente a occhi chiusi, e su questo non transigo! Se lo avete visto, e soprattutto se conoscevate già prima la pittura olandese e di Vermeer in particolare, non potete non concordare o non ricordare che a volte pareva di vedere un particolare quadro olandese prendere vita e muoversi. (Anche in una cosa semplice come pulire i vetri di una finestra! Sfido tutti i profani dell'arte olandese,e chi non ha visto il film, a dire a prima vista quale delle due immagini che vedete qui è il quadro e quale la scena del film) Per me certe piccole scene, certi piccoli particolari erano a dir poco stupefacenti! Più volte restavo a bocca aperta. I costumi poi, e la ricostruzione degli interni, la luce importantissima, tutto lo studio che c’è stato dietro il bisogno di fedeltà di usi e costumi del secolo, non è stata valutata correttamente secondo me. E lì non si tratta di computer o invenzione fantasy. Lì si tratta di fonti vere, di studio, di verifiche, di stile vero, di mani vere, di sarti veri... Chiudo la parentesi strettamente legata al film per aprire quella legata alla storia collegata al libro. Il libro devo dire che è molto bello, si colgono davvero i sentimenti di Griet, che povera e ignorante vive in ristrettezze maggiori di quelle di prima dopo l’incidente del padre, e trova ‘riparo’ come cameriera in questa ricca nuova casa della famiglia Vermeer. Solo che i personaggi che vivono e ruotano in quella casa non sono della più simpatica specie. A partire dalla gerarchia delle sue colleghe cameriere, per passare dalle figlie del pittore, figlie che ogni tanto si moltiplicavano, per non parlare della moglie signora padrona della casa, e poi anche lui, il maestro Vermeer, non è che sprizzasse allegria e compassione da tutti i pori. I personaggi correlati poi... dal viscido venditore d’arte al figlio del macellaio che anche se alla fine era l’unico con cui si poteva avere un dialogo, era pur sempre un ragazzo tagliato troppo grossolanamente per una che non si poteva nemmeno scoprire i capelli. Cito di proposito questa cosa dello scoprirsi i capelli perchè purtroppo è uno dei particolari che fa scadere di molto la trasposizione in film del libro. Sì perchè non lo avevo ancora detto, a dispetto dell’altissima prestazione della fotografia e dei costumi e ambientazioni ecc ecc il film mi ha lasciata molto delusa su questo fronte. Griet prima di tutto sembra solo una che, detto in parole pavore, ‘ha paura di stare al mondo’; i suoi continui sospiri e spaventi emozionali sono decisamente toppi; forse è parso l’unico modo al regista di esprimere tutto l’imbarazzo e il resto dei sentimenti nuovi e confusi che lei provava in certi momenti, e che nel romanzo sono invece davvero ben descritti e coinvolgenti, mentre nel film tutto finisce in un ‘Hh!’ (Che già al terzo dici ‘èh madonna! Sta calma)... Poi questa cosa dei capelli, dicevo, si coglie benissimo nel romanzo (e non sto qui a dirvelo, ve lo andate a leggere perchè davvero merita!) cosa voleva davvero significare a quel tempo per una giovane ragazza. Così come la scena verso al fine dove lei, ripresa dall’alto, passa sulla stella dei venti a mosaico in una strada che percorreva sempre, la narrazione non fa assolutamente cenno a cosa quel passaggio volesse significare dentro di lei. Così come nel trovar la piastrella rotta, la quale situazione mi ha fatto commuovere leggendola mentre in video credo che pochi abbiano davvero colto l’intimo dolore di Griet. Ultima ma non ultima per delusione, la scena di quando riceve gli orecchini. Massima delusione per questo, mi dispiace dirlo. Insomma questo è quanto... Concludo dicendo che quando le luci si sono accese il mio ragazzo del tempo, costretto da me a venire a vedere questo film, dice: “bè, la storia è praticamente nulla!” IO lo guardo delusa ma subito mi rendo che però per tutti quelli che come lui non avevano/ hanno familiarità con l’arte olandese, nè abbiano letto il libro, questo credo sia il risultato di massa... Non puoi rimanere affascinanto dal vedere un quadro prendere vita e muoversi se non lo conosci, e non puoi immedesimarti nella protagonista solo perchè ogni tanto si spaventa... Peccato, davvero.

martedì 12 agosto 2008

City Gallery Atto I° (Le più improbabili vie dell'apprendimento artistico!)

Domenica scorsa, la prima santa domenica di riposo dopo taaanto tempo, come al solito qui nella dubbiosa Dublino il tempo era incerto (Never trust in irish weather!), perciò dico che facciamo? Ti va se andiamo a visitare quell'altra gallery che dice sempre Oscar che a lui piace di più della National? - (quella dove c'è il favoloso Carvaggio per intenderci) - Ma sì dai. - Trattasi della Dublin City Gallery Hugh Lane.

Ok andiamo. Arriviamo. Fuori, davanti all'entrata come prima cosa si impone 'Sara Dancing' : una delle istallazioni di Julian Opie della serie 'Walking on O'Connell Street' che da un anno a questa parte animano una delle strade più grandi e fomose della città con questa idea geniale di personaggi fatti di lucine che camminano. Dico: guarda! non l'avevo mai vista! Certo non l'avevo mai vista perchè non ero mai andata là prima; ma il mio stupore era dato dal fatto che davo per scontato che quelle istallazioni fossero solo ed esclusivamente in e per O' Connell street, per il semplice motivo che camminano, e in O'Connel street si cammina, e non le immaginavo sparse per la città. Ma infatti poi riflettendoci Sara dancing non cammina, e più che ballare diciamo che ondeggia da destra a sinistra e viceversa in moto perpetuo. (http://www.youtube.com/watch?v=bk8VgGhxOVU ) Comunque dopo aver preso il depliant all’ingresso della City Galley ed essere tornata a casa mi si è aperto tutto un mondo! La ma ignoranza è andata diminuendo per gradi, a forza di collegamenti, o se volete nello stesso tempo la consapevolezza di essa è andata maggiormente manifestandosi. Tutto un circuito di conoscenze inconsce e ignoranze pregresse intrecciate delle quali ora cercherò di spiegare il funzionamento beffardo! Vado: pur essendo quasi un anno che vedo quei personaggi di lucine camminare in O’Connell street, e pur essendomi chiesta più volte di chi potessero essere, non ho mai approfondito la ricerca per saperne di più... tanto erano lì tutti i giorni... Ma da quado ho preso quel volantino la mia mente si è espansa! Prima scoperta: questi personaggi, in tutto cinque, ho scoperto avere un nome proprio, almeno Sara, Jack e Julian, gli altri tre sono solo illustrati senza didascalia sotto. Seconda scoperta: questi personaggi non sono prerogativa di Dublino, ma qualcuno li ha già potuti vedere a Phoenix in Arizona, a Boston, ad Indianapolis e a Toronto! E questo già mi ha dato una visione completamente diversa di tale installazione. Terza e ultima scoperta (la quale mi ha fatto pensare la tipica e conclusiva frase AAAAAAA, hai capito chi è!) : andando sul sito e guardando lo stile dei disegni con quei contorni marcati neri e gli occhi piccoli li collego subito alla copertina del Best of dei Blur. Questa qui . E leggo che ha fatto pure qualcosa di simile per gli U2. Ecco... tutto questo mondo mi si è rivelato nel giro di cinque minuti, e mi sono sentita più stupida che ignorante perchè ce l’ho avuto sotto il naso per un anno e se non fosse stato perchè non avevo altro da fare quella domenica, non avrei mai collegato tutte queste cose, con il rischio che magari tornata in Italia un qualche mio amico o peggio ancora professore all’univeristà mi dicesse ‘Aahh Dublino! Allora avrà sicuramente potuto ammirare le ultime installazini di Julian Opie famose in tutto il mondo di cui purtroppo noi qui in Italia ancora non possiamo godere!’ E io avrei fatto la tipica figuraccia con quell’espressione che vuole dare a bere a chi ne sa più di te che al momento questo piccolo dettaglio dell’artista di fama mondiale non gli sovviene, ma in realtà non sa assolutamente un piffero irlandese bucato di cosa si stia parlando, dopo che invece le ha viste per un anno intero. E poi quando finalmente hai l’illuminazione vaglielo a fare credere che sì le hai viste davvero per un anno! ... :( Vedi tu se alla fine di tutto un semplice Best of mi poteva salvare la faccia! Menomale và! ;)

venerdì 23 maggio 2008

Distrazioni

Sai quando uno è distratto? O per meglio dire quando non riflette? Come quando da piccolo ti facevano quei giochi ‘ripeti 20volte latte latte latte...’ e poi ti chiedevano cosa mangia la mucca e tu rispondevi ‘latte!’ ??? ecco cose così intendo, quando uno non riflette...

Allora in questo post mi ricollego al post precedente sul quadro di Caravaggio per poi approdare a una cosa che apparentemente non c’entra niente, ma come dicevo all’inizio, se qualcosa ti fa venire in mente un’altra cosa qualcosa c’entra! Non c’entra ma c’entra! Ecco in questo post ci sono diversi elementi che si intrecciano: 1 Caravaggio, 2 GesùCristo, ma l’anello di congiunzione più importante nel tutto è mia mamma! Cominciamo: Prima parte: Un po’ di settimane fa è venuta a trovarmi qui a Dublino appunto mia mamma. È stata 5giorni e le ho fatto vedere un po’ di city e un po’ di country side. Il penultimo giorno l’ho portata alla Nantional Gallery, dove ho potuto sfogiarle tutta la mia cultura sull’arte. In particolar modo ci siamo fermate davanti alla Cattura di Cristo del Caravaggio (di cui sopra). Mentre le spiegavo il dipinto, come ultima cosa le volevo far notare che le guardie che vanno a catturare Gesù nell’Orto degli Ulivi erano vestite in modo contemporaneo al Caravaggio e non in vesti romane, come avrebbe dovuto essere. Dialogo: io: e poi vedi come sono vestite le guardie?” E lei: mh.” Io: vedi che non sono vestite da romani? E lei, cogliendo subito –senza riflettere- dalle riminiscenze cattoliche che tutti abbiamo dice: certo xchè i romani se ne lavarono le mani”. E io: NO! Che c’entra? E chi l’ha preso allora? Non sono andate le gaurdie romane a prenderlo nell’Orto?” E lei: A già è vero!” E io: E allora ti sembrano vestite da romani queste guardie? Guarda bene, guarda l'elmo!” E lei: è no, e come mai allora?” E io: Ma dio santo, ma ti sei anche vista la fiction su Rai1 su Caravaggio, ma cosa ti ricordi allora? Niente!” (e qui si aprirebbe un lungo discorso su tutte le fiction che guarda mia mamma la sera...) Va bè comuqnue, non so forse pretendevo un po’ troppo, ma mi pare che un elmo d’età medievale/moderna (sinistra) si distingua facilmente da un elmo romano (destra). Ma in ogni caso questa è una di quelle cose che se uno, non del mestiere diciamo, non ci ragiona quei 5 secondi finisce per mettere inconsciamente tutto nello stesso calderone. Quindi mia mamma è scusata... anche se ha visto la fiction! ;) Detto ciò quando si è resa conto che le vesti non erano romane e mi ha chiesto e allora come mai, io le ho spiegato il motivo che ‘tutti’ sappiamo che Caravaggio era fortemente criticato proprio perchè poneva i suoi personaggi sacri in vesti contemporanee (le scandalose se pur vestitissime Madonne, forse nude avrebbero fatto meno scandalo). Allora mia mamma ha detto: “Aaaaaaan!” ( = onomatopea della rivelazione della congiunzione logico/visiva!). Ok, questa era la prima parte del non c’entra ma c’entra. Seconda parte: In un pomeriggio d'inverno sotto Natale mia madre è stata, e l'abbiamo portata in Ospedale. Dovete sapere che la sala d'aspetto dell’Ospedale di Borgo Roma di Verona è veramente vuota e squallida (quasi come le sale d’aspetto della Polizia qui a Dublino). Ma qualcuno quell'inverno aveva avuto la buona idea di dare un tocco natalizio e aveva allestito su un tavolone un Presepe. Duramte la lunga attesa, mi annoio, mi alzo, faccio un giro e do un occhio. Mi viene in mente quando da piccola mi piaceva mettere le statuine, fare le casette di cartone, mettere il muschio vero, far camminare i Re Magi un passettino al giorno... insomma in tutto questo epifanico e tardo romantico flash back, mentre i miei occhi giravano lì in quei Presepe messo lì alla meno peggio, vedo in un angolino, da solo, una strana statuetta, lontana dalla folla dei pastori vicino alla capanna. Un uomo con un vestito lungo marrone. Non sembrava né un Re Magio (non ho mai capito se il singolare di magi è Magio!), né un pastore, né un romano, aveva le mani giunte però... ... Guardo bene, aguzzo la vista... e chi era???? SAN FRANCESCO D’ASSISI !!!!!!! (e come si dice in veneto: tra un po' me' rebalto!). Alchè ho sbuffato e me ne sono tornata a sedere. Perchèèè?? ma come Perchè???

Riflettiamo gente! Riflettiamo un attimo e vedrete che il cerchio si stringe: San Francesco d’Assisi, anzi Giovanni Francesco Bernardone all’anagrafe, nacque nel 1182: cioè 1182 anni DOPO la nascita di Gesù, 1182 anni DOOPO quel primo Natale che si stava festeggiando in quel piccolo tavolo allestito nella sala d'aspetto! E solo nel 1210 –sempre DOOOPO la nascita di Gesù- l’ordine dei francescani viene riconosciuto come tale da Papa Innocenzo III. Tutti i San Franceschi che avete visto nei film e/o fiction, dal più famoso Fratello Sole Sorella Luna con Graham Faulkner (in alto a sinistra),

agli italiani Ettore Bassi a sinistra e Raul Bova a destra (che detto tra noi, altro che 'il poverello di assisi'! Pur nella loro francescana povertà e castità, non so chi sia il più attraente tra i due!) e addirittura Mickey Rourke (che di povero e casto certo non aveva niente!) nel 1989 e l’ultimo Ethan Hawke, o nei cartoni animati o nelle pitture o sculture che abbiate mai visto vengono tutti DOOOOOOOPO la nascita di Gesù, giusto per intenderci. Quindi mi domando: che cavolo ci faceva san Francesco nel Presepe??? Altro che consecutio tempore! Non è che qualsiasi statuetta che abbiamo, che riguardi o richiami la santità, va messa nel presepe! E va bene ti concedo che san Francesco è stato quello che ha allestito la prima rappresentazione di presepe vivente nel 1223, e quindi ne richiami l'inventore di tutto l'ambaradan, ho capito, ma DOOOOOOPO!!

Per il vostro prossismo Presepe, chi avesse una statuetta di Padre Pio o di Raul Bova...

giovedì 17 aprile 2008

" Van Gogh, io, e le nostre scarpe"

Avete mai pensato alle vostre scarpe?
Sì sicuramente... quando le comprate.
Al prezzo, al colore, al tacco, alla moda...
E alle mie, ci avete mai pensato?


Quelle che vedete qui in alto, degnamente rappresentate, ebbene sì, sono loro!
Fin da quando siamo piccoli il dottore dice che le scarpe devono essere buone. Nel senso: spendi poco per i vestiti ma spendi bene per le scarpe, altrimenti poi te ne penti con la crescita. D’all'altra parte c’è pure gente ‘malata’ per le scarpe, e anche per i piedi... ci sono pure un sacco di detti sulle scarpe e sui piedi... ma ora non sono qui a parlare nè di zone erogene nè di feticismo e nè di saggezza popolare. Inizio: correva l’anno 1995, dopo aver passato le Diadora arancioni e le All Star nere alte e basse blu, le El Charro Rose bianche, in un giorno piovoso d’inverno vedo in una vetrina di un negozio di scarpe al ragionevole prezzo di 99 mila lire (offerta c 'era scritto) un paio di massicce Nike Force nere. Fu subito colpo di fulmine! Bè, devo dire le scarpe più resistenti che abbia mai avuto. Hanno passato di d tutto per anni: inverni piovosi, estati torride, pioggia, sabbia di spiaggia, ecc ecc. Insomma dopo 1 anno così mi si comincia a consumare un laccio; gli faccio un nodo. Dopo 2 anni noto che mi si inizia a consumare uno dei buchini in cui passava un laccio; lo cucio. Dopo 3 anni mi si comincia a consumare una delle due punte, e lì non ci posso fare niente. Dopo ancora mesi e mesi si comincia a screpolare il rivetimento/stoffa/ copertura (non so come si chiama) di un lato della parte di sopra, e si rompe un’altro buchino dei lacci ma cucio anche quello. Al 4° la parte soft dove poggia il piede non era più tanto soft, era il suo modo di chiedere pietà. Ragazzi bè, al 5° ed ultimo anno dopo che la suola era talmente liscia e consuamata che da un lato si vedeva la struttura a quadrati sottostante, a un certo punto, nell’ennesimo giorno di pioggia, non ci crederete ma ho sentito il piede bagnarsi! Alchè mi son detta: 1995, siamo nel 2000, 5 anni ... bè forse qui è ora di trovare una sostituta’. (Non mi chiedere perchè uso il femminile, forse perchè ‘scarpe’ è femminile, ‘le nike’ è femminile, poco importa se ‘paio’ è maschile). Mi metto alla ricerca di degne sostitute, (in realtà ho passato 100negozi a chiedere lo stesso modello, ma ovviamente dopo 5anni non lo facevano più) e ne trovo un nuovo paio: sempre Nike, nere, ma meno alte delle Force, e di cui non mi ricordo nemmeno il nome del modello tanto non mi hanno soddisfatto e non hanno retto il paragone. Son durate poco, tipo 2anni e senza tutta la vita vissuta delle altre perchè al tempo ero passata dalle scarpe sportive agli anfibi. Comunque siccome ormai a quelle scarpe mi ci ero davvero affezionata, le ho tenute da parte nell’armadio per anni pensando qualche giorno devo far qualcosa, le faccio imbalsamare! Finchè il giorno con la grande idea arrivò e inizio a fare delle foto (non ci voleva un genio, ma va bè tempo al tempo) dalle quali foto ho generato la mia opera ‘Natura Morta’ (http://alessiaromeo.blogspot.com/).
Ma comuqnue tutto questo mio discorso non è per celebrare la Nike (che anzi dovrebbe pagarmi a sto punto) ma perchè un paio di giorni fa leggendo un libro di critica per il mio ennesimo esame mi sono imbattuta, anzi, sono inciampata, nelle scarpe di un altro famosissimo artista, tale Vincent Van Gogh! Ora: cosa strana, in tutti questi anni di studi di storia dell’arte non avevo mai visto le famose scarpe di Van Gogh! Come sia stato possibile non lo so, non me lo chiedete. Quando feci quelle foto alle mie scarpe perchè erano state mia compagne di vita per anni, ed ero e sono tutt’ora così affezionata che anche dopo averle immortalate ancora non le ho buttate, più di una persona mi prendeva in giro per quelle foto: le foto alle scarpe? Perchè?’ e io dicevo certo! Non sono mica delle scarpe qualsiai, sono le mie Nike! Sono delle persone! Hanno dato e meritano rispetto! – come dire meritano un ritratto! Nella mostra del 2005, il quale tema era appunto il tempo che passa, le ho esposte dal vivo, non in foto. Erano in una nicchia con tanto di illuminazione per loro e drappo bianco sotto e attorno. Titolo: Natura Morta. E per quell’idea ho ricevuto, finalmente, anche qualche apprezzamento, non so se del tutto cosciente del senso intrinseco dell’opera o semplicemnte ironico e superficiale, ma comunque sono state notate! Insomma questo per dire che come si dice che le scarpe di Van Gogh non vogliano rappresentare tutta la fatica e condizione della realtà contadina (perchè quando invece rappresenta gli zoccoli dei contadini sono stranamente nuovi ben delineati e non usurati) ma solo rappresentare una parte vera di se stesso, ecco questo vale anche per le mie! E se avessi visto quei dipinti anni addietro avrei saputo difendermi meglio arrogandomi a pieno titolo tutto il diritto di fare tutte le sacro sante foto che volevo alle mie compagne di vita scarpe consumate!

venerdì 14 marzo 2008

' Gli Impressionisti , Fuoco Incrociato '

Premesso che io adoro le opere impressioniste, mi sono trovata a riflettere.

Vi faccio qualche nome. In ordine di anzianità: A. Renoir 1814, C. Pisarro 1830, E. Degas 1834, A. Sisley 1839, C. Monet 1840.... e pooooi c'è E. Manet 1832. Ma perché ho messo Manet dopo puntini puntini?? Andiamo con ordine. Tenendo presente che ho studiato su un manuale di tutto rispetto come il De Vecchi Cerchiari, correlato da altri testi di altri professori che non sono gli ultimi arrivati, ho notato, io che non sono nessuno, un po' di confusione su questo movimento e i suoi protagonisti, ma più che confusione forse è meglio dire diversi punto di vista. E allora adesso dico anche il mio, sempre per il discorso che vi piaccia o no anche io ho diritto di dire la mia. La mia riflessione è molto semplice. Seguitemi, occhio alle date e ai nomi.
Allora: gli Impressionisti fecero 8 esposizioni indipendenti dal Salòn ufficiale dal 1874 al 1886. Nel 1873 Pissarro propone una Società per Azioni per tutelare interessi e sopravvivenza di coloro che non erano allineati al gusto accademico dei Salòn. A tale Società aderiscono (oltre a lui) Monet, Renoir, Sisley, Degas, la Morrisot e Guillaumin. Manet (quello dell'Olimpia e Colazione sull'erba per intenderci, che secondo me era un pochettino altezzoso) li guarda da lontano e dice 'bravi bravi bella idea, complimeti vivissimi, appoggio in pieno PERò IO non mi associo.' E sai perché? Perché quell'anno gli avevano accettato una tela e un acquerello al Salòn, e anche negli anni successivi era l'unico che bene o male con una o due opere al Salòn se la cavava. Secondo me era uno che diceva 'se mi accettano al Salòn bene, sennò io faccio da solo, fateme lavorà!' Ecco. Addirittura quando il dipinto del 1875 non viene accettato, e fa scandalo, lui dice 'se volete venire a vederlo è a casa mia!'. ... Ora dico: non potevi metterlo con gli altri tuoi compagni impressionisti? No. Va bè... Comunque torniamo al mio discorso.
Un qualsiasi testo di storia dell'Arte ti nomina come unici veri impressionisti Degas, Monet e Renoir. E mano mano che prendevo appunti si allargava il mio dubbio. Renoir ce l'abbiamo presente no? La Colazione dei Canottieri (1881, la prima immagine in lato), ok lui tra gli impressionisti ci sta di sicuro. Monet il Ponte di Argenteuil 1874 o tutte le serie della Cattedrale di Rouen e le Ninfee... uno che è riuscito a nobilitare anche i Pioppi! Vuoi che non lo mettiamo? lui ci sta a tutto tondo direi.
Ma DEGAS!.. (che tengo subito a precisare alla fine è quello che mi piace di più) ...Parliamo di Degas. Forse da qui in poi qualche storico dell'arte rabbrividirà, o qualche mio professore mi boccerebbe in tronco... ma abbiate pazienza: Degas questo borghese parigino di Montmartre, che diceva 'nessuna arte è meno spontanea della mia', che credeva fortemente nella posa del soggetto per poterla costruire a suo piacimento, che non ebbe mai il problema di rinsaldare la forma perché nato come come pittore realistico usò sempre il disegno preciso, che al plein air preferì sempre lo studio eseguito a memoria e con l'aiuto della fotografia, che quelle poche volte che dipingeva paesaggi o esterni lo faceva solo perché gli piacevano i cavalli... insomma Degas, che per me tra l'altro ripeto è il migliore proprio per tutte queste ragioni sopra elencate, perché me lo devi mettere tra gli impressionisti? Se contraddice praticamente tutte, e dico tutte, le conditio-sine-qua-non per essere impressionista? Perché? Perchè li conosceva? Perché nel 1871 anche lui ha seguito Monet ad Argenteuil? Dove si verifica quella coincidenza di soggetti con l'amico Monet? Ma nelle tele è ben visibile che ognuno di loro due restava comunque nel suo personale stile differente dall'altro (forse si davano le spalle!). Perché, te lo dico io perché, forse l'ho capito: perché in tutta la serie di esposizioni impressioniste è l'unico, assieme a Pissarro, che c'è dall'inizio alla fine, tranne in una quella dell'82! Volete la prova? Facendo solo i 4 nomi più importanti che ci interessano: 1° 2° e 3° expo Degas, Pissarro, Monet, Renoir, 4° Degas Pissaro, Monet, 5° e 6° Degas, Pissarro, 7° Pissarro Monet Renoir, 8° Degas Pissarro (in quest'ultima Monet Renoir e Sisley si rifiutano di esporre per la presenza di Seurat: della serie se c'è lui io non vengo!). Allora questo cosa vuol dire? Che Degas, anche se non faceva le 'stesse cose' degli altri impressionisti an plein air, esponeva lo stesso con loro perché si sentiva comunque affine sui contenuti restando differente nella forma, e invece quell'antipatico di Manet, che comunque era andato anche lui ad Argenteuil, così giusto per provare e poi se ne ritorna nel suo studio (come Degas appunto), non volle mai essere 'confuso' con loro. Ma chi ti vuole? Ma stattene a casa! E non venire ad Agenteuil a spiarci! E allora Pissarro? Anche lui c'è stato in tutte le esposizioni, la Società l'ha proposta lui per tutti in uno slancio social protezionista! Eppure quando si parla di Impressionisti il suo nome, alla grande massa, quelli del sentito dire, non è arrivato come quello di Manet.
Allora cosa devo concludere? E da qui in poi scusate ma mi infervoro.
Manet: non vuole/vuoi/volevi essere confuso con gli Impressionisti? Ok stai tranquillo. Fuori uno. Degas: non dipingi en plein air, mi dispiace, sono scelte, fuori due. Pissarrò: non si sa perché ma se non studi storia dell'arte seriamente non se lo ricorda nessuno, e fuori 3 suo malgrado. Sisley: c'era solo in 4esposizoni su 8 e nemmeno tutte consecutive, e il suo nome fa la stessa fine di Pissarrò, ma a questo punto è più sensato per lui che per Pissarro il quale almeno c'era in tutte le mostre. Berthe Morrisot (qui a sinistra: 1879 Giovane donna): c'è in tutte le esposizioni, è una tra i migliori ma tu dici e chi è? Mai sentita nominare, forse perché è l'unica donna. Ma a maggior ragione proprio per questo il suo nome avrebbe dovuto spiccare assolutamente nel tempo nella storia dell'Impressionismo, e invece fatto sta che fuori 4, forse proprio perché era donna!
Insomma chi resta di questi famosi Impressionisti? Monsieur Pierre-Auguste Renoir! Quatto quatto è l'unico e il solo sopravvissuto alla strage di questo fuoco incrociato tra congetture e testi ufficiali; che ripeto non sono poi tanto congetture perché queste cose, tra come sono andate le cose che leggiamo sui testi e quel che arriva poi alla gente comune di così tanta maestria artistica, lo potete tristemente concludere anche voi, è ben poco.
Renoir, figlio di un sarto, che non c'è in tutte le esposizioni impressionite, che poi verso dall' 81 'camba direzione' dopo il viaggio in Italia, e che alla fine dei suoi giorni sulla sedia a rotelle dipingeva col pennello attaccato all'avambraccio a causa della devastante artrosi, a mio parere resta l'unico vero Impressionista se ci riferiamo alla lista iniziale.
E allora: Hiiiit Paraaaaade!:
Sire impressionista degli impressionisti è Renoir, per il plein air; e a pari merito troviamo Degas che ne rappresenta legittimamente la direzione uguale e contraria per gli interni.
Pari merito fino a un certo punto però, perchè Degas (che vedete qui a destra) che tratta dalla pittura di storia e mitologica, con le Giovani Spartane, a quella contemporanea e quotidiana di stiratrici e ballerine, è a mio parere il venerabile padre maestro in quegli anni, il più completo e autonomo di tutta l'allegra compagnia.
Così è deciso, l'udienza è tolta.

sabato 16 febbraio 2008

martedì 8 gennaio 2008

Eleganza prima di tutto

Si dice che un nudo femminile è sempre bello, mentre un nudo maschile per essere bello deve essere perfetto. Forse è vero. Con tutti i sensi che si possono dare al nudo, da quello prettamente accademico a quello di divina bellezza, che dire invece di una donna vestita? Questo post non dirà molto al riguardo, perchè credo che le immagini parliano da sole. E’ vero il vestito copre le forme ma a volte le esalta, o le falsifica, un vestito può essere stupendo ma portato malissimo dalla donna sbaglaita (e se ne vedono molte) . Al contrario ci sono donne stupende che stanno bene anche col famoso straccio addosso (e se ne vedono poche). Ma qui non voglio parlare di vestiti o di storia del costume. Vorrei solo dire che trovo che la donna in tutti i secoli in cui è stata raffigurata non è mai stata così bella come nei dipinti di dame del 1400. Nel secolo successivo, senza nulla togliere a Gentileschi e Caravaggio ovviamente, non sia mai, un po’ le cose cambiano mi pare, per non parlare del 1600 con quella che io definisco la ‘costruzione’ della donna, nel senso che poveretta le costruivano un vestito attorno, troppo stretto al busto e troppo pomposo ai fianchi, e lei ci si doveva adattare dentro. Qui invece potete ammirare, e mai verbo è stato più appropriato, alcune delle dame che ritengo, a mio modesto parere, nella posa, nei vestiti, nonchè nelle acconciature e non ultimo nello sguardo di sopraffina bellezza. Non c’è complimeto per me più grande che si possa fare a una donna in qualsisi tempo di elegante; e le dame ritratte nel 400 lo sono certamente, sono eleganti in senso assolutamente lato! Ad una di queste mi sono permessa di rendere modesto omaggio nella mia Art Gallery con l'opera 'Regina di Cuori' (http://alessiaromeo.blogspot.com/) Purtoppo qui l’elenco sarebbe infinito, mi limito solo a queste ma per non cadere nella banale retorica, ho volontariamente omesso la famosa 'Dama con l'ermellino' ch etutti conosciamo per andar a cercare qualche viso meno noto ma di sicuro non meno elgenate. Per non fare torto a nessuno mi sono limitata a metterle in ordine cronologico, quando ho trovato la data esatta. L’ultima è un’infiltrata in questo post perchè del secolo successivo, ma di pochi anni, solo perchè del mio favorito Raffaello! Questo me lo dovete concedere

Nell'ordine:
I° 1490 'Cecilia d’Este'
di Ambrogio de Predis

II° 1490 'La belle Ferroniere'
di L.da Vinci
III° Bernardino da Cotignola
IV°Lorenzo Costa il vecchio
V° 1506 ‘Dama col liocorno’
di Raffaello Sanzio


sabato 5 gennaio 2008

Ingres e il fidanzamento

"Quanto largo e benigno si domostri talora il cielo nell'accumulare in una persona sola l'infinite ricchezze de' suoi tesori e tutte quelle grazie e' più rari doni che in lungo spazio di tempo suol compartire fra molti individui, chiaramente potè vedersi nel non meno eccellente che grazioso Raffaello Sanzio da Urbino. Il quale fu dalla natura dotato di tutta quella modestia che suole alcuna volta vedersi in coloro che più degli altri hanno a una certa umanità di natura gentile aggiunto un ornamento bellissimo d'una graziata affabilità, che sempre suol mostrarsi dolce e piacevole con ogni sorta di persone et in qualunque maniera di cose. Di costui fece dono al mondo la natura, quando vinta dell'arte per mano di Michelangnolo Buonarroti, volle in Raffaello essere vinta dall'arte e dai costumi insieme." G.Vasari

Come io ho voluto omaggiare il mio amato Raffaello nelle sue Tre Grazie, vedo che nei secoli precedenti altri artisti di fama leggggermente superiore alla mia hanno avuto la stessa idea. Esempio mirabile tra tutti quello di Jean-Auguste-Domique Ingres. Il suo ‘Il fidanzamento di Raffaello’ del 1814 è un continuo rimbalzare interno e esterno tra omaggio e rimandi a mio parere di completezza difficilemnte eguagliabile. Sì perchè l’omaggio non si limita ad un semplice doppio ritratto del suo ‘maestro’ e della sua storica sfortunata dolce metà (che sembrano quasi i fidanzatini di Raymond Peynet), ma aggiunge all’interno a destra una sorta d’inizio del famoso ritratto della Fornarina (1519) e alle loro spalle la Madonna della Seggiola (1513) già compiuta e appesa, la quale neanche a dirlo per me è una delle Madonne con lo sguardo più soave al mondo. Insomma 4 ritratti in un quadro solo; 3 donne e un uomo tutti legati da sentimenti reciproci. Tra l’altro tutte le donne ci guardano e lui invece mi da l’idea di uno che non sa più da che parte girarsi per ammirare tutta la bellezza che sente di avere intorno. Finchè ammira il ritratto che ha iniziato a fare alla sua amata la tiene sulle ginocchia e l’abbraccia, e poi tra un secondo si girerà a compiacersi anche della sua Madonna là in fondo... Ma il motivo per cui parlo di questo dipinto è fondamentalmente per via di una sensazione che ho avuto da subito appena l’ho visto, sensazione alla quale trovo riscontri nell’opera stessa. Vado a spiegarmi meglio: la sensazione è che Ingres abbia composto tutto ciò come in età contemporanea a quella di Raffaello, come se lui stesso fosse vissuto negli stessi anni. In che senso vi chiederete. Cerco di darvi in dettaglio le ragion di causa di questo mio particolare punto di vista, che anche se non non credo sia quello ufficiale degli storici dell’arte o dei biografi di Ingres, non mi dispiace affatto di avere. Mi spiego: mi pare che già dal titolo Ingres si sia voluto porre come testimone d’eccezione del fidanzamento in questione e che tale ritratto voglia valere come prova ufficiale (come era stato fatto per 'Il matrimonio dei Coniugi Arnolfini nel 1434 da Jan van Eyck). Margherita seduta sulle ginocchia guarda dritto in camera come si suol dire oggi, come se qualcuno la stesse ritraendo proprio lì adesso, in diretta, e chi meglio di un discepolo devoto nei secoli del suo fidanzato? Tale signor Ingres, il quale giuntagli nel 1814 la richiesta direttamente dal suo idolo si catapulta al contrario da 3 secoli escusivamente per l’occasione. Sapendo per certo che il fidanzamento ufficiale con Margherita non avvenne mai (perchè come si suol dire non s’aveva da fare) notando i due quadri nel quadro di cui dicevo prima, possiamo avere comunque l’idea dell’anno in cui avvenne questo segreto fidanzamento: essendo che la Madonna del 1513 è già finita, non può essere che il 1518/19, anno appunto del Ritratto di Fornarina, che è lì ed è appena iniziato. La missiva firmata da parte del Maestro Semi-dio Raffaello Sanzio che diceva chiaramente ‘ti prego vieni tu a farmi il ritratto prima che io perisca’ ci tengo a sottolienare arrivò ad Ingres segretamente nei modi più insospettati, sì xchè il fidanzamento tra i due è segreto e tale deve rimanere. Da cosa lo deduco? 1: Ormai mi pare di capire Raffaello a quel tempo si trovava rispetto a questa relazione in una situazione incresciosa di quelle che io definsico ‘tutti sanno ma nussuno sa niente’; 2: il maestro non si è mai dipinto in dolce compagnia di nessuno, tantomeno della Fornaria; 3: il luogo è quello privato dello studio dell’artista e la tenda è solo un po’ aperta giusto per la luce, non è mica davanti ad un notaio o tra amici e parenti; 4° ed ultimo punto ma fondamentale a riprova di ciò (e provate a darmi torto adesso) è proprio che a ritrarre i due innamorati sia Ingres! Sì perchè il fidanzamento è talmente segreto che Raffaello ha dovuto chiamare qualcuno di davvero fidato ma non un amico contemporaneo, per paura che spifferasse tutto! Insomma penso che per Jean-Auguste deve essere stato un’onore esser stato scelto a condividere come testimone nei secoli il segreto d’amore del suo ‘maestro d’arte’, come faceva a dir di no? Onore, nonchè onere nel cercar di produrre quest’opera così affascinante e perfetta, all’altezza della richiesta, come adeguato omaggio a prova di cambiamento delle mode e delle male lingue nei secoli dei secoli. ...amen.