sabato 15 dicembre 2007

Raffaello Sanzio (parte1)


"Sicurissimamente può dirsi che i possessori della dote di Raffaello non sono uomini semplicemente, ma dèi mortali" Giorgio Vasari

Cosa volete che vi dica?

Io sono innamorata di Raffaello.

Nasce il 6aprile venerdì santo 1843 a Urbino
muore il giorno del suo compleanno nel 1520.

Questo che credo sarà il primo, come si evince dal titolo, di molti post su Raffaello; non voglio far una monografia ma sicuramente riferimenti costanti ce ne saranno. Invece di far un post lungo un tema che nessuno finisce di leggere, meglio vari e scorrevoli.

Ma perchè mi piace Raffaello? Le sue Madonne sono una più bella dell’altra, (*seguirà Post a parte sulle Madonne) e poi non è da tutti i dipinti 500eschi finire su magliette, borse, tv e merchandising vario di tutto il mondo no? Se può essere un complimento... come disse una volta il mio prof di letteratura italiana: ‘Dante è uno dei pochi che ha nei secoli il privilegio di essere citato anche da chi non sa neanche chi fosse.’ Ed evidentemente anche i due pensosi cherubini della ‘Madonna Sistina’ hanno questa inconsapevole fortuna ... Comunque dicevo, perchè mi piace Raffaello? Diversi motivi. Senza usare parole da vera critica artistica, auliche o enciclopediche... lo trovo, come dire, liscio, pulito, elegante... anche nelle scene di ‘movimento’, come il 'San Michele che sconficce Satana’, o i san ‘Giorgio che sconfigge il drago (dal 1504 al 06) tutto è in ordine. (*seguirà post a parte sui San Giorgio) D’altra parte anche Renoire, di ritorno dal suo viaggio in Italia nel 1881, visto Raffaello, disse: io non so disegnare! Così cerca di cambiar stile e dar risalto ai contorni delle figure (vedi Gli Ombrelli). Da dire che comunque a me piace Renoire prima e dopo la galvanizzazione italiana! Poi va bè ho un ricordo particolare legato a Raffaello. Nel periodo in cui abitavo a Bologna, abitavo nel quartiere di Porta Castiglione, e vi invito a vedere ‘dal vivo’ chi era tale gentiluomo nel magnetico ‘ritratto di Baldassarre Castiglione’ 1514. E che dire de ‘Le tre Grazie’? Opera alla quale anche io ho voluto rendere un mio modesto, ma non meno enigmatico, omaggio. http://alessiaromeo.blogspot.com/search/label/fotografia
Chi la vuole interpretare la interpreti come voglia. Come quel signore che, alla mostra nel 2005 in cui l’ho esposta, guarda, si gira verso la moglie a braccetto e dice: Povero Raffaello! Si sta rivoltando nella tomba! Io ero lì poco più dietro e ovviamente nessuno sapeva fossi io l’autrice, e ovviamente non ho detto niente. Mentre una mia collega d’università l’ha guardata per un po’ in silenzio e poi ha detto sorridendo: che sottile ironia! Brava Ale!... Comunque dici va bè le tre grazie le hanno fatte tutti in un modo o nell’altro, sì va bè ma a me piacciono queste di Raffaello, senza niente togliere all’insostenibile leggerezza dei marmi di Canova. Soprattutto mi piacciono di più da quando ho ‘scoperto’ cosa erano in effetti le tre Grazie e perchè abbiano quelle tre mele in mano, le così dette mele di Afrodite. Le tre garzie ho scoperto essere: saper dare, saper ricevere, saper restituire.

Una volta ho visto per caso un pomeriggio in tv un film sulla sua vita, vecchio, in bianco e nero, e mi è rimasta impressa la frase che Raffaello dice a un suo discepolo, riguardo gli altri apprendisti che stavano lì a disegnare prove su prove. Il discepolo chiedeva il permesso per mandar tutti a casa prima per oggi, e lui dice: ma sì, lascia che si godano il maggio!’ ...Il maggio!... È così elegante! E io da quella volta ogni volta posso usare questa frase dandomi un tono la uso! Ovvio non credo ci sia nessuna prova storica che lui abbia detto proprio questa frase in quell’occasione, fuguriamoci, una frase da tuti i giorni, ma già il fatto che io l’abbia sentita dire dalla bocca dell’enfant prodige per me acquista valore assoluto di frase storica! Nel film poi si parlava anche del fatto che si dicesse che Isabella d’Este (donna di tutto rispetto di cui ho visitato la camera vedovile al Castello di Mantova) fosse innamorata di lui, e continuava a chiedergli un ritratto, ma lui declinava sempre con eleganza. Allora lei gelosa fa rapire la fidanzata, la famosa ‘Fornarina’ –Margherita- , e altre cose. Insomma il film mi è piaciuto ma non sono più riuscita a trovarlo da nessuna parte. ‘Sappiamo dal Vasari che l’artista conviveva con una fanciulla che teneramente amava, da cui decise di separarsi, per motivi religiosi solo poco prima della morte’( http://www.exibart.com/notizia.asp/idnotizia/4285) ma io non mi ricordo dove (e chiedo scusa se questa frase torna spesso nei miei discorsi) avevo letto che lui aspirasse a diventare Cardinale ma che era promesso a una ragazza di rango diciamo (non Margherita la Fornaria che era figlia di un fornaio), con la quale però rimandava sempre la decisione delle nozze con la scusa del lavoro per i suddetti motivi: Fornarina e desiderio di diventare Cardinale. Non dimentichiamo Isabella d’Este, gelosa come una gazza ladra... insomma era un po’ il bello del paese và! Unica macchia, e mi ricordo benissimo dove l’ho letto stavolta perchè ci sono rimasta malissssimo (‘Le Cortogiane Oneste’ libro che parla della storia delle prostitute nel 500 e 600 a Roma e Venezia) dice che lui come tutti gli artisti, e come tutti quanti al tempo usava andare dalle così dette cortigiane oneste... vale a dire le signorine a pagamento. Ecco questo no poprio no! Non ci stava! ...Altro che cardinale!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cara Alessia

Ti domandi “Ma perché mi piace Raffaello? Le sue Madonne sono una più bella dell’altra”. Ma la risposta te la dai in anticipo con la visione che ha di lui Vasari: È UN DIO SE PUR MORTALE.
Dunque la piena comprensione dell'arte di Raffaello, che piace da morire, risulta insufficiente se vista solo in modo esteriore. Allora non resta che tentare di entrare “DENTRO L'OPERA”, per ravvisare la sua aurea “geometria” con la miriade di strutture abilmente disposte. E qui subentra a corredo l'ARTE DEL DIPINGERE COL DOPPIO SENSO DEI SEGNI.
L'illusione, spesso, non manca di adombrare le arti figurative e perciò nel mondo della pittura capita di riscontrare esempi di immagini ambigue, ingannatrici, nelle quali non tutto è solo come appare. Nel senso che l'artista, pur non contravvenendo alla corretta rappresentazione scenica – mettiamo – del reale, si dispone in modo velato a concepire immagini che si prestano a doppi significati, abbastanza percepibili alcuni, altri meno.
Naturalmente qui si sta parlando dell'arte del Rinascimento che ha dato luogo ad una “fioritura” di opere disposte a simili concezioni. L'artista del Rinascimento sentiva fortemente in sé la necessità di velare ad arte concezioni occulte ereditate dal passato Medio Evo, assai diffuse nel suo tempo e che era “spinto” a far “transfugare” nel mistero. Occorre dire che era un'epoca in cui la severa vigilanza del clero cristiano cattolico del Vaticano non tollerava cose del genere, ragion per cui il ricorso ai doppi sensi dei segni era inevitabile.
Albrecht Dürer (1471-1528) è un esemplare artista di quelli dei quali si sta parlando. Lo vediamo all'opera, per esempio, nel suo autoritratto che egli realizzò nel 1500 (conservato oggi presso l'Alte Pinakothek di Monaco). Egli sembra rifarsi all'iconografia che tradizionalmente alludeva al Cristo. Con questo lavoro, Dürer sembra voler sottolineare come l'Artista “ricalchi”, ”imiti” il virtuoso cammino di Gesù, l'uomo-divinizzato, la pietra filosofale.
L'Artista, in un certo senso, non faceva che trasmutare la materia inerte in “forma”, in una “opera vivente”, l'opera d'arte, dopo un percorso anche sofferto nel proprio interno, travagliato e che portava all'ascesi, verso la luce e la bellezza Suprema (per poi ricadere al travaglio iniziale). L'Artista rinascimentale sembra ergersi quale “Redentore” di una società che deve recuperare il “senso” del simbolo perduto.
E poi, in materia delle artefazioni in questione, vale l'esempio classico di Leonardo da Vinci. Egli si dimostra un acuto conoscitore dei fenomeni ottici, tant'è che avrebbe inserito nei suoi dipinti immagini nascoste negli sfondi o nei drappeggi. Ma è una cosa che egli stesso ce lo fa intendere attraverso il suo “Trattato della pittura”.
Naturalmente Raffaello Sanzio, ha imparato tanto da questo genio delle scienze oltre che quello delle arti figurative. E quindi non meraviglia, scoprire in lui un geniale cultore dell'Arte Regia, ovvero dell'arte ermetica.
Stupirà, anzi scandalizzerà, intravedere quest'arte, per esempio in “SPOSALIZIO DELLA VERGINE”, che non manca di mostrare dettagli che disorientano. Qui osserviamo, per cominciare, la raffigurazione di S.Giuseppe, l'unico senza calzari. Occorre premettere che per un artista della levatura di Raffaello, ogni opera è occasione autobiografica e così questo capolavoro.
Cosa vuol dire dunque che S. Giuseppe è senza calzari? Che Raffaello avrà inteso raffigurarsi in Mosè sul Monte Sinai al cospetto di Dio che gli si manifesta sotto le sembianze del ROVETO ARDENTE. E sappiamo che Dio gli impose di togliersi i calzari, appunto perché la terra del luogo era sacro. Di qui la possibile intravisione nell'opera in questione del roveto ardente. Ma dove nel dipinto?
“DENTRO L'OPERA”! Ovvero cerca il “VITRIOL”. Ma che vuol dire questo termine ermetico? “Visita Interiora Terrae Rectificandoque Invenies Occultum Lapidem (Veram Medicinam)”. Visita l'interno della terra e depurando, troverai la pietra occulta, la vera medicina. Si tratta del motto degli alchimisti filosofi.
Altro dettaglio che disorienta:
Osservando da vicino il punto centrale del dipinto, vediamo S. Giuseppe che si appresta a infilare l'anello nuziale nell'anulare della sposa Maria. Nulla di tanto strano, ma la cosa che non va è che si tratta dell'anulare della mano destra della Vergine Maria!
L'unica possibile spiegazione è che il dipinto sia un'immagine riflessa in uno specchio. Di qui tante conseguenti concezioni da poter fare. Come quella connessa con le cose della riflessione, per esempio, relative ad un processo interiore disposto per la trasmutazione personale, di Raffaello naturalmente.
Ed ancora:
Si notino i piedi nudi di S.Giuseppe (ovvero di Raffaello Sanzio stesso)? Ora si provi questa postura in pratica per capire che è anomala al punto da considerarsi difficile da assumere. La possibile spiegazione è che Raffaello, così facendo, ha voluto creare (“forzatamente”) attraverso sé stesso una occulta “base” secondo i lati di un triangolo retto: di qui, essendo i due lati retti fra loro uguali (i piedi lo sono) nulla da obiettare che si tratti, occultamente, di un quadrato. Ed è come immaginare il processo e lo scopo finale dell'opera: la “pietra grezza” che diventa “pietra squadrata”, un cubo. E se lo si vuol dire secondo il cristianesimo “...che diventa pietra d'angolo”. Sensazionale no? Non sembra un interessantissimo preambolo da Codice da Vinci? Come a rilevare in Sposalizio della Vergine un retroscena esoterico che non pochi studiosi d'arte hanno tentato invano di scoprire. Perciò lo Sposalizio della Vergine, con tutta probabilità adombra occultamente un reale “matrimonio ermetico” sperimentato o intrapreso dall'iniziato ai lavori ermetici in Raffaello.
Ma non finiscono qui le perplessità...
Per esempio sul giovanotto sulla destra, accanto a S. Giuseppe, che sta spezzando la sua “verga”: tutti i critici d'arte hanno convenuto che si tratta di un rituale ripreso da una leggenda medievale per far vedere, con questo gesto, la rinuncia di pretese matrimoniali. Nulla da obiettare, ma è un evidente “meme”, si direbbe oggi, per “vestire” un certo virus ermetico (nell'ermetismo si procede per “meme” a iosa). Come la postura dei piedi nudi di S. Giuseppe, ovvero Raffaello, è un altro evidente “meme” come ho dimostrato prima. Ma se si ha il fiuto di segugio, si direbbe che quel tale non dimostra niente sulla presunta rinuncia di pretese matrimoniali.
Non è una prova valida. Perché? Perché si tratta di un tentativo di “piegare” e non di “spezzare” quel bastone. E c'è di più a complicare le cose, il fatto quasi scontato che quel bastone, piegato a quel modo, effettivamente si deve spezzare! L'angolo di flessione è molto pronunciato per far rientrare la cosa in un'accettabile freccia d'inflessione del piccolo travicello legnoso, osserverebbe l'ingegnere addottorato nella scienza delle costruzioni. Secondo questi la sigma di flessione che ne deriva è ben oltre quella di rottura. Ecco un'altra evidente “forzatura” come quella dei piedi nudi di S.Giuseppe, per fa significare che è più che lecito “amare” la Madonna senza rinunciarvi mai. Semmai questo potrà accadere nella vita, in seguito a “forzature” del destino, spiritualmente il legame sussiste sempre.
E poi, andando a più di un secolo precedente a quello del nostro Raffaello, la Vergine Maria era adombrata sotto varie immagini terrene, per esempio Beatrice per Dante Alighieri. Di lui sappiamo, infatti, della sua inclinazione per il pensiero occulto, aderendo in un primo tempo alla setta dei «Fedeli d’Amore» a cui aderirono altri famosi poeti come il Cavalcanti, il Boccaccio, il Petrarca, ed ancora diversi altri. Si dice che fu Giovanni Boccaccio a salvare la Divina Commedia dalla scomunica, rassicurando gli inquisitori che Beatrice era una donna vera, conosciuta da lui stesso e da tanti altri, figlia di messer Folco de’ Portinari e sposa del cavalier Simone dei Bardi. Ma sappiamo anche che i poeti «Fedeli d’Amore» erano tutti innamorati di donne che si somigliavano tanto da far pensare ad una sola donna, quasi a identificarla in un medesimo simbolismo in cui nascondevano idee e dottrine iniziatiche ritenute eresie dalla Chiesa e perciò perseguibili.
Ritornando al bel giovane intendo a “piegare” la verga (che deve essere speciale), pur inflettendosi senza spezzarsi. E se si confronta questi con il corrispondente dello “Sposalizio della V.” del Perugino, si vede che quest'altro giovane non regge per bellezza. E poi ciò che ci dà l'esatta esplicazione della forza in atto nel piegare la verga è che nel caso di Raffaello è a tiro che fa leva sul solido e robusto ginocchio. Mentre nell'altro caso la forza è espressa a pressione sulla coscia che non è tanto solida come quella del ginocchio di Raffaello. Senza contare che questo giovane e vestito in modo diverso dai convenuti al matrimonio, ovvero non ha l'”abito di nozze” detto in modo evangelico, come se appartenesse ad un'altra realtà.
Dulcis in fundo, osservando questo giovane, visto in modo esoterico, salta all'occhio il genere di postura che ci dà l'evidente prova del ricorso alla simbologia ermetica per indicare in lui, teso in uno sforzo quasi supremo, nell'elemento base delle operazioni alchemiche, lo Zolfo.
Lo Zolfo dispone le cose alla volontà di azione positiva, vuol essere calore vitale. Dipende, perciò, da questo elemento il risultato delle nostre azioni.
Gesù, questo Zolfo, lo chiama “sapore di sale”, quando si rivolge ai suoi apostoli dicendo loro «Voi siete il sale della terra. Ma – aggiunge – se il sale perde il sapore con che cosa lo si può salare? Non serve a nulla, se non ad essere gettato via per venire calpestato dalla gente.» (Mt 5,13). Dunque nulla da obiettare se Raffaello sapora l'opera sua dello “Sposalizio della Vergine” in modo a lui congeniale raffigurandosi in quel bel giovane intento a piegare gli “EVENTI” in quella verga. Ma tutte le altre cose sopra rilevate, non sono tanti altri modi di “piegare gli eventi” ad opera di Raffaello?
Scrive Raffaello:
«IL PITTORE HA L'OBBLIGO DI FARE LE COSE NON COME LA NATURA, MA COME ELLA LE DOVREBBE FARE».

Gaetano Barbella
http://www.webalice.it/gbarbella